Sophie Simmons: La privacy? Non so che cosa sia
La figlia di Gene, il fondatore dei Kiss, debutta nella musica. E racconta com’è crescere davanti alle telecamere, perché non è una fan del padre e di quella volta che Britney Spears l’ha delusa
Questa intervista è tratta dal numero 22 di Vanity Fair in edicola dal 30 maggio
Il suo primo singolo è stato rilasciato a febbraio. Black Mirror – stesso titolo della serie Tv alla quale si ispira – è una critica dei social media. Anzi un’auto-critica. «Credo che tutta la mia vita sia su Internet», ammette Sophie Simmons. E, per buona parte, anche quella dei suoi genitori.
Il padre, Gene Simmons, è uno dei fondatori dei Kiss, dei quattro quello specializzato in linguacce, la madre, Shannon Tweed, iniziò la sua carriera di attrice di thriller erotici posando su Playboy. E proprio nella villa dell’inventore delle conigliette, Hugh Hefner, incontrò agli inizi degli anni Ottanta, Gene. I due, legati da allora da un rapporto non esattamente monogamico (Simmons ha dichiarato di essere stato a letto con più di quattromila donne) si sono sposati 28 anni dopo. Alla cerimonia di nozze, a Los Angeles, Sophie cantò per loro At Last di Etta James.
La incontro a Parigi, dove è venuta per collaborare con alcuni musicisti. Pochi giorni e sarà di nuovo in viaggio, destinazione Londra, sempre per lavoro. A giugno verrà rilasciato il suo terzo singolo, Sabotage. Ed entro la fine dell’anno conta di uscire con un album. «Mio padre mi ha dato un solo consiglio: “Non prenderti neppure un giorno di vacanza. Nel business della musica non te lo puoi permettere”».
Quando ha iniziato a cantare?
«Da quando avevo 4 anni. Ma ero terribile. Da bambina avevo un difetto di pronuncia, mi riusciva difficile persino parlare. Mio fratello mi supplicava: “Non cantare, ti prego”. Però, i miei genitori hanno voluto che studiassi pianoforte fin da piccola e già allora mi divertivo, ogni tanto, a comporre una canzone. Una delle prime l’avevo intitolata I Love To Jump Rope: Mi piace salare la corda. Mia madre mi riprese in un video mentre la cantavo».
È su Youtube?
«Ci sarà di certo».
Non solo i suoi genitori sono famosi, la sua famiglia è stata anche protagonista del reality Gene Simmons Family Jewels. Sette stagioni dal 2006 al 2012.
«Non so come sia avere un’infanzia lontana dalle telecamere. Da un certo punto di vista è un sollievo sapere di non avere segreti. Il peggio che può capitarmi è che qualcuno pubblichi on line un altro scatto di me alle medie».
Quando partì il reality aveva 11 anni. Si rendeva conto di quello che stava facendo?
«Per niente. A quei tempi non ce n’erano molti show di quel genere e quei pochi che c’erano non li guardavo. Preferivo i cartoni animati. I miei genitori mi dissero solo che avremmo provato a fare qualcosa di divertente: “Staremo insieme tutto il tempo”».
Ed è stato divertente?
«La gente a casa non si rende conto di quanto lavoro richieda un reality. Se avessi dei figli non vorrei che facessero la stessa esperienza, a meno che non fossero loro a volerlo. Al mattino vai a scuola, quando torni a casa ti aspettano per le riprese e devi essere pronto a sorridere e a scherzare. Fino a mezzanotte. E il giorno dopo si ricominciava, cinque giorni alla settimana, tutto l’anno tranne le vacanze di Natale. Vuol dire rinunciare a tante cose come andare a dormire dagli amici, le feste di compleanno. Perché i genitori dei tuoi amici non vogliono che i loro figli finiscano in Tv».
Reality a parte, immagino sia cresciuta in mezzo a musicisti, attori, celebrity.
«Ma allora non me ne rendevo conto. Capita che con i miei guardiamo un film e dico: “Adoro quell’attore”. E loro: “L’hai incontrato quando avevi sei anni”. Per me erano solo gli amici di famiglia. I miei genitori sono stati bravi a evitare che mio fratello e io diventassimo come i figli di molte altre celebrity. Non ho mai fumato, niente alcol, feste, niente rehab. Non ci hanno mai dato la paghetta: “Se vuoi dei soldi, trovati qualcosa da fare”. Da ragazzina, in estate, ho lavorato in un centro ippico, spalavo cacca di cavallo. Non era male. Il resto dell’anno, non era ammesso perdere un solo giorno di scuola. Non seguivamo mio padre in tour, ai concerti ci andavo solo durante le vacanze».
Per questo non è mai stata una fan?
«Sono cresciuta con i Backstreet Boys e Britney Spears. È una questione generazionale. Se non fosse stato per mio padre non credo che sarei mai andata a vedere i Kiss… Forse solo per i fuochi d’artificio sul palco».
Ha mai incontrato qualcuno dei suoi idoli?
«Britney Spears. Ma fu una delusione. Mi portarono nel backstage ma mi stavano intorno: “Non provare a parlarle, non vedi che ha fare?”. Ci rimasi così male che quando tornai a casa annunciai che non ero più una sua fan».
Tornando alla sua carriera, ha lavorato anche come modella.
«Per via del reality, molte agenzie mi contattavano: “Vogliamo rappresentarti come attrice, piuttosto che come modella e così via”. Non è stata un’esperienza positiva. Un giorno mi presentai a un casting e mi sentii dire “Sei troppo grassa, vai a casa”. Poco ore dopo, mi scartarono per il motivo opposto: “Troppo magra”. Non andavo mai bene».
Evidentemente stava nel mezzo.
«Esattamente. E non volevo dimagrire o ingrassare per rientrare in una delle sole due categorie di modelle ammesse: “normali” o curvy».
Lavori che ha rifiutato?
«Tanti. Per esempio, mi aveva offerto di diventare il volto di un marchio di alcolici. Mi avrebbero dato un sacco di soldi ma io non ho mai bevuto, non sarebbe stato onesto. Fin dall’inizio mi sono ripromessa di promuovere solo prodotti che uso davvero. C’è pieno di gente che posta la foto di una crema: “È la migliore di sempre”. Peccato che non l’abbiano provata neppure una volta».
Come mai ha aspettato così tanto prima di decidere di dedicarsi alla musica.
«Lo desideravo da tanto ma temevo di essere paragonata a mio padre. Inoltre, dopo la fine del reality, sentivo il bisogno di starmene lontano dai riflettori, di frequentare il college come una studentessa qualunque. Proprio durante l’Università scrissi un mucchio di canzoni ma non ero sicura di avere davvero talento. Per quello, nel 2012, ho deciso di presentarmi alle audizioni di X Factor: “Se passo, vado avanti”».
Mi perdoni ma c’era sempre la possibilità che le facessero passare il provino per via della sua famiglia.
«Infatti, nonostante avessi fatto il possibile per evitare che scoprissero chi ero, Demi Lovato mi ha riconosciuta. Quando lo ha detto a tutti davanti alle temecamere mi sono sentita tradita. Pensi che per tenere il segreto ai miei genitori lo avevo detto solo il giorno prima».
È vero che non condivide con loro le sue canzoni perché è successo che le abbiano postate sui social prima del lancio ufficiale?
«Sì. Lo fanno perché sono orgogliosi di me ma sapere che la gente ha ascoltato una tua canzone prima che fosse finita è il peggior incubo di un musicista».
È questo il sabotaggio di cui parla nel suo prossimo singolo, Sabotage, appunto?
«No. In questa canzone racconto come per paura o insicurezza finisca per mandare all’aria le mie relazioni. Ho ancora gli stessi amici di quando ero piccola ma faccio faticare a far entrare persone nuove nella mia vita. Ho così tanta paura di perderle o di far loro del male che le allontano via io. Ma sto cercando di cambiare. Scrivere canzoni è una forma di terapia».
Altri obiettivi ai quali sta lavorando?
«Comprare una casa fuori città e raccogliere un mucchio di cani».